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Claudio Dal Pozzo: qual è la sigla?

Claudio Dal Pozzo, di Verona, domanda se, volendo esprimere in sigla il suo nome e cognome, sia più corretto scrivere C.D., come ha sempre usato fare finora, oppure C.D.P. secondo un modello che gli risulta preferito da altre persone. Ritiene a ogni buon conto che quelli del suo tipo siano da dire cognomi composti (con una preposizione), ma non cognomi doppi, come potrebb''essere il caso, mettiamo, di Tronchetti Provera.

 

 

Il nostro lettore ha già messo bene in evidenza uno dei criteri che varrebbero a giustificare una risposta differente da caso a caso. L'invadente ottusità dei devoti della burocrazia e la non meno invadente ottusità dei devoti dell'informatica ci vorrebbero costringere a trattare come unità lessicali, senza far differenze, tutte le sequenze di lettere che siano precedute e seguite da spazi bianchi. Ora, trovare in un elenco di centri abitati lu Bagnu paese della costa sarda accanto a Lu comune del Monferrato, ma in un altro (e meglio) sotto la lettera B, o trovare in un elenco di strade cittadine (Giovanni) dei Marignolli accanto a (Benedetto) Dei, ma in un altro (e meglio) sotto la lettera M, finisce col confondere le idee. L'articolo e la preposizione possono sì avere lo stesso peso apparente d'un nome intero, quando si guardi al numero di caselle o di spazi che occupano, ma non hanno davvero un peso paragonabile nella logica del nostro pa rlare. E qui sarà doveroso tener conto anche d'altri due criteri, quello della composizione sentita ora più ora meno chiaramente, e quello della doppia possibilità di scrittura, ora unita ora divisa. I cognomi Dal Pozzo e Del Pozzo in molte famiglie sono scritti in una sola parola, Dalpozzo e Delpozzo. Qualcuno potrebbe vedere un motivo di preferenza per un semplice D. nel caso della grafia unita, per un D.P. nell'altro. E una preferenza per la doppia lettera potrebbe pure esser suggerita in ogni modo, volendo sottilizzare, dall'impressione immediata che il cognome dà, anche a non vederlo scritto, d'esser composto di due elementi ben riconoscibili. Il caso è diverso da quello di cognomi come Ligresti o Lisanti, che in certe famiglie sono pure scritti divisi, Li Gresti e Li Santi, ma quanti ci pensano?, o d'un altro come Deliso che s'alterna con D'Eliso e De Liso, o d''un altro ancóra come Lo Bello< /I> che si trova pure scritto Lobello e in certe famiglie Lubello. Gli esempi potrebbero essere tanti, per un verso o per l'altro; ma la casistica, stringi stringi, si può ridurre ai pochi punti di questo schema piuttosto sommario. Ragionandoci sopra, è facile vedere come s'intreccino tra loro e si contraddicano le motivazioni con cui si potrebbero giustificare le varie scelte possibili quando si voglia far corrispondere una sigla a uno schema razionalmente corretto. Ma la scelta d'una sigla è sempre cosa personale, dunque arbitraria nel senso buono della parola. C'è forse una sola occasione in cui si possa trovar conveniente imporre, e di fatto s'imponga, una serie di precise regole secondo cui ridurre a sigle un numero indefinito di nomi e cognomi; ed è nella pubblicazione d'opere scritte collettive, dai giornali alle riviste alle miscellanee alle enciclopedie, in cui si voglia far riconoscere quali parti siano dovute a questo e a quello dei collaboratori, senza dare a quest'attribuzione di responsabilità un risalto troppo vistoso, e avendo cura d'altronde d'evitare pur con minimi accorgimenti ogni rischio di confusione. Vogliamo una buona scelta d'esempi? Prendiamo l'indice alfabetico dei circa settemila col laboratori dell'Enciclopedia italiana e delle sue appendici (1925-2000) e vediamo come sono stati ridotti in sigle, nella firma delle voci redatte da ciascun autore, i circa sessanta cognomi che cominciano colle preposizioni da e di articolate. Ecco L.D.P. (Luigi dal Pane); A.Da. (Alberto dall'Olio); R.D.V. (Riccardo dalla Vedova) ma, dato il prenome uguale, R.D.Vo. (Riccardo dalla Volta); G.d.A. oppure G.A. (Gastone degli Alberti); G.D.B. (Giulio del Bono) e invece A.d.Bu.(Anna del Buttero) e ancóra G.D.Ve. (Giorgio del Vecchio) accanto a Gu.D.V. (Gustavo del Vecchio); M.D.O. (Marcello dell'Omodarme), A.D.C. (Andrea della Corte), M.D.P. (Mario delle Piane). Così un campione per ognuna delle particelle; e gli altri nomi e le loro sigle, alla stessa stregua; salvo i casi d'eccezioni forzate appena visti. Ma fuori delle ben ordinate coabitazioni che impongono un rispetto reciproco, la scelta delle sigle torna a essere una cosa tutta individuale, libera. E quelle che meno di tutte sono in grado di riprodursi per analogia, sono le più famose, quelle che càpita ogni poco di leggere nei giornali senza nemmeno un accenno indiretto a come si sciolgano, a quali personaggi ci siano dietro. Citare Jfk o YSL è giustamente chic, mostra la familiarità di chi scrive coi piani alti della politica internazionale, della moda internazionale; non venga in mente al primo venuto, di scegliere per sé una sigla che in qualche modo arieggi quella di John Fitzgerald Kennedy o quella di Yves Saint-Laurent. Oppure, e peggio: non venga in mente a un comune mortale di sintetizzare il proprio nome in una lettera unica, quale si son potuti permettere uomini unici, e soltanto loro: vivente un venerato imperatore di Francia, bastava un'N a siglare la sua volontà, facendo sorvolare su un cognome che non era francese; vivente un venerato duce d'Italia, bastava allo scopo un'M, lasciando in ombra un nome di battesimo non italiano. Ma sì: evviva chi fa le sigle, evviva chi le disfà. L'eleganza del facitore di sigle si misura anche da come è capace di servirsene per nascondere il proprio nome dentro l'enigma d'un simbolo. Circolarono nell'Ottocento, intorno agli anni della Restaurazione, certi opuscoli politici di tono fieramente polemico che portavano come nome d'autore un numero, per l'esattezza 1150. Ne ho visto almeno uno, una volta, e ho avuto la fortuna di trovare chi mi spiegasse l'arcano. Quel 1150 è in cifre arabe il numero che si scrive alla latina MCL; e non è questa la sigla di Monaldo Conte Leopardi? sì, del padre di Giacomo. Giusto: anche CD corrisponde a 400 scritto alla latina. Ma non vuol essere un suggerimento!


                                                                          Piero Fiorelli,  «La Crusca per voi» (n° 48 - 2014)

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